Lo scorso 28 febbraio è stata approvata in via definitiva dalla Camera la c.d. Legge Gelli (L. n. 24/2017), di cui più volte abbiamo dato conto nelle nostre news. Entrata in vigore il 1 aprile, questa Legge composta di 18 articoli si propone di superare le incertezze interpretative causate dalla precedente L. n. 189/2012, ridefinendo i confini della responsabilità del sanitario e operando un bilanciamento tra diritti in capo a medico e paziente.
Il contenuto di quello che allora era un disegno di legge è già stato esaminato nelle news del giugno scorso, ragion per cui in questo caso ci soffermeremo sugli aspetti più significativi che riguardano l’ambito della responsabilità civile del medico.
In ambito penale, invece, fondamentale è l’introduzione dell’art. 590-sexies c.p., che prevede una causa di non punibilità per il medico che, nella sua condotta, abbia rispettato le linee guida (elaborate da enti e istituzioni iscritti in un elenco gestito dal Ministero) o le buone pratiche clinico-assistenziali che risultino adeguate alla specificità del caso concreto. Viene dunque meno il richiamo alla colpa lieve, contenuto nella previgente Legge Balduzzi.
Dal punto di vista della responsabilità civile, l’aspetto più significativo, già evidenziato in sede di d.d.L., riguarda la determinazione legislativa della natura della responsabilità del medico e della struttura ospedaliera (art. 7).
Nel caso della struttura sanitaria, la legge parla di responsabilità contrattuale. Si tratta di un’affermazione su cui la giurisprudenza si era ormai consolidata, facendo riferimento al contratto atipico di spedalità, che il paziente concluderebbe con la struttura al momento del ricovero. Trattandosi di un contratto a contenuto ampio e complesso, includente prestazioni di assistenza e obblighi di protezione, già prima della Legge Gelli era stato affermato che in caso di comportamento negligente o colposo del medico ne rispondesse anche l’ospedale o la clinica. Questo perché è solo attraverso il medico che la struttura può erogare le prestazioni sanitarie comprese all’interno del contratto di spedalità.
Per quanto riguarda il singolo medico, invece, l’art. 7 della Legge Gelli prevede che egli risponda dei danni eventualmente cagionati al paziente a titolo di responsabilità extracontrattuale. Il legislatore pone così rimedio alle incertezze provocate dall’art. 3 della Legge Balduzzi, ma ribalta anche totalmente gli assunti della giurisprudenza di legittimità, che riconduceva le prestazioni sanitarie all’interno del c.d. contatto sociale, e dunque della responsabilità contrattuale. Tuttavia, la norma si premura di escludere la responsabilità extracontrattuale del medico nei casi in cui la prestazione sanitaria sia eseguita in costanza di un rapporto contrattuale con il paziente. Le prestazioni intramoenia, invece, rimangono nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, ma le strutture sanitarie risponderanno sempre a titolo contrattuale.
L’art. 7 prevede anche che il danno risarcibile ai pazienti sia quantificato in base alle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private). Se ciò vale per le lesioni di entità inferiore al 9% di invalidità permanente, per quelle di gravità superiore si potranno applicare le tabelle milanesi, dato che non risultano ancora adottate tabelle uniche su tutto il territorio nazionale.
L’aver stabilito una responsabilità – almeno di norma – extracontrattuale in capo al medico, rende di sicuro maggiormente gravosa la proposizione di azioni da parte dei pazienti, posto il termine di prescrizione quinquennale che caratterizza tale responsabilità e la necessità di provare anche tutti gli elementi della fattispecie (condotta, danno, nesso di causa ed elemento soggettivo). Non a caso, è stato notato dai primi commentatori come al fine di evitare il dilagare della c.d. medicina difensiva, il legislatore abbia voluto rendere più difficile agire contro il medico, dando in cambio la possibilità di chiedere sempre il risarcimento a titolo contrattuale alle strutture sanitarie.
Contrappeso a questo sistema è l’azione di rivalsa esercitabile, da parte degli istituti, nei confronti del medico, ma solo in caso di dolo o colpa grave ed entro un anno dal pagamento del risarcimento al paziente (art. 9).
In questo quadro assumono un ruolo centrale le assicurazioni, di cui gli istituti devono obbligatoriamente dotarsi a copertura del rischio per i danni cagionati dal personale, a qualunque titolo esso operi (cfr. art. 10). Come nell’ambito della circolazione stradale, poi, il paziente che abbia subìto un danno ha azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni, con obbligo però di citare anche la struttura sanitaria o il medico responsabile (art. 12).
Tuttavia, non si potrà agire in giudizio senza prima aver esperito un tentativo di conciliazione (art. 8). La novità della norma riguarda non tanto il richiamo all’istituto della mediazione – già obbligatoria come condizione di procedibilità in molti casi – ma, in alternativa, all’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696-bis c.p.c.
Di conseguenza, se si sceglie questa seconda strada, verrà effettuata una consulenza tecnica da un collegio di medici (cfr. art. 15), che cercheranno anche di conciliare le parti. In quest’attività assume rilevanza l’offerta economica che l’impresa di assicurazione (obbligata a partecipare al procedimento) deve necessariamente fare al danneggiato (oppure comunicare i motivi per cui ritiene di non farla), ai sensi dell’art. 8, pena la trasmissione della sentenza favorevole al paziente all’Ivass, per le verifiche del caso.
Il termine per esperire l’accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi è di sei mesi, decorsi i quali la domanda giudiziale diviene procedibile. La Legge Gelli sembra poi prevedere che, in caso si sia optato per l’a.t.p. invece della mediazione, la successiva causa debba essere necessariamente introdotta con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c.
Pur se già in vigore, la L. n. 24/2017 necessità comunque di alcuni passaggi attuativi per divenire pienamente operativa. Infatti, dovranno essere definite le funzioni di vigilanza dell’Ivass sulle imprese di assicurazione, le cui polizze (divenute obbligatorie) dovranno essere definite nei requisiti minimi con un decreto ministeriale entro 120 giorni dalla pubblicazione della Legge.
Infine, sempre entro 120 giorni andrà adottato il regolamento del fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, previsto dall’art. 14. Si tratta di uno strumento finanziato da versamenti da parte delle compagnie assicurative, volto a garantire i pazienti in caso di danni che eccedano i massimali, o in caso d’insolvenza della compagnia o ancora in presenza di una scopertura assicurativa.