La crisi da sovraindebitamento: disciplina e prospettive

La L. n. 3/2012 (successivamente modificata dal D.L. n. 179/2012, convertito nella L. n. 221/2012) ha introdotto la disciplina di composizione delle crisi da sovraindebitamento, nota anche col nome di fallimento del consumatore. L’intento dichiarato è quello di fornire a soggetti non fallibili, gravati da plurimi debiti, uno strumento per sistemare e cancellare tutte le proprie pendenze, consentendo loro d’immettersi di nuovo nel mercato.

La disciplina riprende istituti tipici del diritto della crisi d’impresa, con norme che ricordano ora le disposizioni del concordato preventivo, ora del fallimento, ed introduce per la prima volta nel nostro ordinamento la figura dell’Organismo di Composizione della Crisi (O.C.C.), che sta muovendo i primi passi recentemente anche nella città di Prato. Questo organismo avrebbe il compito di affiancare, grazie all’apporto di professionisti esperti nella gestione di insolvenza e ristrutturazioni, il debitore lungo tutto l’arco della procedura.

Chi può accedere alla procedura, e quando?

La procedura è applicabile al c.d. debitore civile (soggetti non fallibili né assoggettabili a procedure concorsuali, come ad esempio piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, ma anche start up innovative, associazioni e fondazioni) e al consumatore, sempre che non abbiano fatto ricorso a una procedura nei cinque anni precedenti.

Per sovraindebitamento la L. n. 3/2012 intende “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” (cfr. art. 6, secondo comma). Si tratta, dunque, di uno squilibrio finanziario che sia in grado di determinare uno stato d’insolvenza o di crisi, reversibile o irreversibile.

Quali sono le possibilità per superare la crisi?

Per comporre situazioni del genere la legge individua tre possibilità: l’accordo del debitore, il piano del consumatore (riservato solo a chi ha questa qualifica e la liquidazione del patrimonio.

L’accordo ha per oggetto la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in base ad un piano che poi dovrà essere approvato dai creditori. Se la percentuale dei creditori favorevoli raggiunge il 60% e viene omologato dal Tribunale, l’accordo diventa vincolante per tutti i creditori. Si tratta di una procedura a controllo giudiziario e basata sull’apporto di organismi specializzati di sostegno (il già citato Organismo di Composizione della Crisi), che per alcuni versi ricorda il concordato preventivo.

Il piano del consumatore, riservato solo a chi è tale, e quindi ha assunto obbligazioni al di fuori dell’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, prescinde dall’approvazione dei creditori. Si tratta di un piano di ristrutturazione che dovrà essere omologato dal Tribunale previa valutazione sulla sua legittimità, fattibilità e convenienza. Una volta approvato dal giudice, il piano vincola tutti i creditori.

Se questi primi due strumenti non sono percorribili per vari motivi, l’alternativa è la liquidazione del patrimonio, una procedura simile al fallimento, con la formazione di uno stato passivo e un’attività di liquidazione formalizzata in un programma.

Particolarmente importante è la possibilità, conseguente alla liquidazione, di chiedere, entro un anno dalla chiusura della procedura, l’esdebitazione. Si tratta della liberazione dei debiti residui che dovessero residuare nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti, in grado dunque di consentire al debitore il fresh start, ossia la sua nuova immissione nel mercato libero da debiti. La legge richiede, però, dei requisiti, tra cui si menzionano l’aver cooperato allo svolgimento della procedura, il non aver beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti alla domanda e il non aver compiuto atti in frode ai creditori nei cinque anni precedenti l’apertura della liquidazione.

I punti critici e gli sviluppi futuri

Da queste poche note s’intravede già la complessità dei percorsi per uscire dalla crisi. Ciò, unito alla tardività con cui è stato attuato il dettato legislativo, hanno trasformato uno strumento pensato per essere semplice e agevole per il consumatore in un mezzo farraginoso e costoso, tanto che le procedure ad oggi avviate sono veramente poche. Una persona fisica gravata da molti debiti, magari proprietaria di un solo immobile, non può sacrificare i propri mezzi – già inidonei a soddisfare integralmente i creditori – per sostenere i costi di una procedura che coinvolge inevitabilmente numerosi professionisti. Tanto varrebbe attendere gli esiti di un’eventuale esecuzione forzata.

Inoltre, vi sono criticità relative al ridotto campo di ammissibilità dell’esdebitazione, all’impossibilità di falcidiare il credito i.v.a. dello Stato e all’alta percentuale dei creditori necessari per l’approvazione dell’accordo.

Di queste ultime considerazioni ha tenuto conto la Commissione Rordorf, nell’elaborazione di un disegno di riforma organico delle procedure concorsuali, approvato come disegno di legge delega dal Consiglio dei Ministri nel marzo 2016. Tra le altre cose, si prevede un allargamento della platea di soggetti ammessi all’esdebitazione, prevedendo che anche le persone giuridiche possano beneficiarvi; inoltre, sono previste esclusioni e possibilità di conversione delle procedure in quella liquidatoria in caso di frode o inadempimento; viene poi riconosciuta l’iniziativa per l’apertura delle procedure liquidatorie, pure in presenza di procedure esecutive individuali, anche ai creditori e al pubblico ministero, se l’insolvenza riguarda un soggetto imprenditore.

Difficile che il decreto legislativo di riforma dell’ordinamento delle crisi d’impresa possa vedere la luce entro la fine della corrente legislatura. Anche perché uno stop potrebbe essere utile per varare una disciplina già in linea con le nuove prospettive europee. Infatti, sarà discussa entro la fine del corrente mese dai competenti organi dell’Unione Europea la proposta di direttiva, presentata lo scorso novembre, avente ad oggetto standard minimi da osservare negli Stati membri in materia di ristrutturazione e seconda possibilità (c.d. fresh start) per gli imprenditori in crisi. Si tratta di un provvedimento di cui il legislatore delegato italiano dovrà inevitabilmente tenere conto.