Sul diritto alla salute: presente e futuro della responsabilità civile del medico

Quando parliamo di diritto alla salute si toccano i temi del contatto con i medici e della loro eventuale responsabilità: questioni interessanti e delicate, su cui i cittadini sono particolarmente sensibili. Affrontare la problematica della responsabilità civile dell’operatore sanitario non deve portare ad una sorta di caccia alle streghe, che non rispetterebbe l’operato dei tanti medici che lavorano correttamente e accuratamente.

Negli ultimi anni l’entrata in vigore della Legge n. 189/2012 (c.d. Balduzzi) ha sollevato un ampio dibattito sul versante sia penale che civile della responsabilità medica. Cercheremo di fare il punto su disciplina e interpretazioni attuali, tenendo presente che il 28 gennaio scorso è stato approvato in prima lettura alla Camera dei Deputati il disegno di Legge C. 1769 (c.d. Gelli – Bianco dal nome dei suoi presentatori). Il testo, attualmente in discussione nelle competenti Commissioni al Senato, contiene disposizioni che incideranno notevolmente sul quadro giuridico che qui andiamo ad analizzare.

Cosa prevede ad oggi la Legge Balduzzi?

La sua entrata in vigore nel 2012 ha suscitato un acceso dibattito, tutto incentrato sul primo comma dell’art. 3 che prevede: “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

Perché tanto clamore?

Lasciando da parte gli aspetti di diritto penale, i riflessi in campo civile derivano dalla menzione dell’art. 2043 c.c. Questa disposizione contiene la regola generale in materia di responsabilità civile – o extracontrattuale – ed accostarla alla responsabilità del medico in caso di danni provocati al paziente sembrava voler mutare orientamenti consolidati da decenni. Infatti, fino ad allora, il medico era chiamato a rispondere dei propri errori a titolo di responsabilità contrattuale.

Che significa?

In tema di responsabilità sanitaria, occorre distinguere. Innanzitutto, la giurisprudenza aveva ricondotto la responsabilità del medico libero professionista nell’alveo di quella contrattuale: il medico, infatti, stipula col paziente un contratto che può essere qualificato come d’opera professionale, ai sensi degli artt. 2230 e ss. c.c. Lo stesso valeva per la responsabilità della struttura ospedaliera, sia pubblica che privata. In questi casi, infatti, la responsabilità era ricondotta all’inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di spedalità. Questo sarebbe un contratto atipico stipulato tra il paziente e la struttura sanitaria nel momento in cui il primo decide di affidarsi alle cure offerte da quest’ultima (cfr. Cass. civ., sentt. n. 6141/1978 e n. 3158/1979).

Più discussa era la posizione del medico che lavora all’interno dell’ospedale, pubblico o privato che sia, poiché il paziente non stipula un contratto direttamente con il sanitario, ma con la struttura. Anche in questo caso, però, la giurisprudenza aveva optato per la natura contrattuale della responsabilità del medico ospedaliero. In un primo momento, aveva fatto leva sulla riconosciuta natura contrattuale della responsabilità dell’ente sanitario e sul fatto che essa presenta una comune radice con quella del medico dipendente dell’ente medesimo (cfr. Cass. civ., sentt. n. 2144/1988, n. 4152/1995 e n. 12233/1998). Successivamente, con la sent. n. 589/1999 della Cassazione, era stata introdotta la teoria del c.d. contatto sociale, che si verrebbe ad instaurare tra medico ospedaliero e paziente al momento dell’erogazione della prestazione.

Ad una responsabilità contrattuale del medico così ricostruita, erano indubbiamente applicabili l’art. 1176, secondo comma, e l’art. 2236 c.c., che esime il sanitario dalla responsabilità per colpa lieve nei casi d’imperizia.

Sembra tutto molto tecnico, come si traduce sui pazienti (e sui medici)?

Ricondurre una condotta nell’ambito della responsabilità contrattuale o extracontrattuale produce effetti notevoli. Semplificando al massimo, la responsabilità contrattuale fa sì che il danneggiato abbia un onere della prova più favorevole e tempi di prescrizione più lunghi (10 anni contro 5). Un paziente danneggiato, se si applica il regime della responsabilità contrattuale, deve fornire al giudice la prova del rapporto di cura instaurato con la struttura ospedaliera e/o con il medico e il danno alla sua salute (che può consistere anche in un peggioramento delle condizioni della stessa), limitandosi solo ad allegare l’inadempimento circa il trattamento sanitario ricevuto. Inoltre, il malato deve provare il nesso di causalità tra intervento e danno, salvo i casi di operazioni di routine o di omissioni e inesattezze nella tenuta della cartella clinica, in cui il nesso si presume. Sarà a questo punto il medico a dover dimostrare di aver tenuto una condotta corretta e diligente.

Torniamo alla Legge Balduzzi.

Il quadro fin qui esposto, più favorevole ai pazienti, sarebbe cambiato totalmente se, facendo riferimento al dettato dell’art. 3, la responsabilità del sanitario fosse stata ricondotta in ambito extracontrattuale (art. 2043 c.c.). Già detto dei tempi di prescrizione più brevi (5 anni), il paziente avrebbe dovuto provare non solo il danno e il nesso di causa tra condotta del medico e danno stesso, ma anche che il medico ha tenuto una condotta dolosa o colposa, ed avrebbe perso la causa se non ci fosse riuscito.

Come è stato interpretato l’art. 3 in questi anni?

La giurisprudenza è andata in ordine sparso e ha trovato argomenti sia a favore del mantenimento del vecchio orientamento sulla responsabilità contrattuale, sia per mutare indirizzo e scegliere la responsabilità extracontrattuale.

Un primo filone interpretativo, muovendo dal dettato normativo, che parla solo di “obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile” e non dell’intera disciplina della responsabilità extracontrattuale, ritiene che il legislatore non abbia voluto mutare il titolo di responsabilità, finendo così per ignorare la nuova disposizione (cfr. Trib. Arezzo, sent. 14.02.2013; Trib. Cremona, sent. 19.09.2013; Trib. Rovereto, sent. 29.12.2013; Trib. Milano, Sez. V, sent. n. 13574/2013).

Un secondo orientamento, basandosi anche sulle finalità di riduzione del fenomeno della medicina difensiva che erano alla base della Legge n. 189/2012, ha optato per la qualificazione della responsabilità del sanitario come extracontrattuale. Il regime probatorio più gravoso per il paziente sarebbe, così, giustificato dalla volontà di ridurre le possibilità di successo delle azioni risarcitorie intraprese (cfr. Trib. Torino, sent. 26.02.2013 e Trib. Varese, sent. 26.11.2012).

Ad ogni modo, anche a voler seguire quest’ultimo orientamento, resterebbe contrattuale la responsabilità del medico libero professionista e quella della struttura sanitaria, sussistendo in entrambi i casi un vero e proprio contratto con il paziente. Ciò nonostante una sentenza abbia proposto un’interpretazione estensiva della norma di legge, ritenendo anche la responsabilità dell’ospedale come extracontrattuale (cfr. Trib. Torino, sent. 26.02.2013).

Quindi finisce per dipendere tutto da dove si svolge la causa?

Certamente no. A parte una certa resistenza del Tribunale di Milano (cfr. Sez. I, sent. 31.01.2015), ormai la questione sembrerebbe definita. Ed il risultato è che a tre anni dall’entrata in vigore della Legge Balduzzi si è affermato di nuovo l’indirizzo pre-esistente. La Corte di Cassazione, infatti, ha preso posizione dapprima nel 2013 (sent. n. 4030/2013) e poi in maniera più precisa con l’ordinanza della Sez. VI, n. 8940/2014. La Suprema Corte ha affermato che con la nuova Legge “il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l’irrilevanza della colpa lieve in ambito di responsabilità extracontrattuale, ma non ha inteso prendere alcuna posizione sulla qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità di quella natura. La norma, dunque, non induce il superamento dell’orientamento tradizionale sulla responsabilità da contatto e sulle sue implicazioni”.

Tanto rumore per nulla?

Solo in parte. Non bisogna dimenticare, infatti, che in quelle poche righe l’art. 3 della Legge Balduzzi stabilisce che, nel caso del medico che si attiene alle linee guida e alle best practices, il giudice ne dovrà tenere di conto al fine di determinare l’ammontare del risarcimento. Insomma, dal punto di vista civilistico, un medico è sempre responsabile se cagiona un danno (doloso o colposo) al suo paziente ma, se si è attenuto alle corrette pratiche d’intervento, sarà chiamato a risarcire somme inferiori. Inoltre, le posizioni contrastanti emerse nel dibattito di questi tre anni hanno finito per convincere il legislatore della necessità di un intervento più chiaro e organico; intervento che, si spera, arriverà con la Legge Gelli – Bianco, che il Governo vorrebbe approvare in via definitiva entro fine anno.

Cosa ci attende in futuro?

Limitandoci agli aspetti di diritto civile, il disegno di Legge Gelli – Bianco contiene molti aspetti chiarificatori e innovativi. Innanzitutto, si prevede (art. 5) che le linee guida, cui fa riferimento anche l’art. 3 della Legge Balduzzi, siano indicate “dalle società scientifiche e dagli istituti di ricerca individuati con decreto del Ministro della salute e iscritti in apposito elenco istituito con il medesimo decreto, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le linee guida sono pubblicate contestualmente, per i singoli settori di specializzazione” entro due anni dalla data di entrata in vigore della Legge e aggiornate periodicamente. Ecco che a generiche best practices si sostituiscono pratiche cliniche e raccomandazioni elaborate da istituti accreditati, ma soprattutto pubblicate in un unico elenco.

L’aspetto forse più interessante è la scelta, operata dal disegno di Legge (art. 7), per una distinzione netta della responsabilità della struttura ospedaliera – pubblica o privata – da quella del medico che esercita la professione al suo interno. Quest’ultimo infatti è previsto che risponda a titolo di responsabilità extracontrattuale indipendentemente dal fatto che sia scelto dal paziente, che sia dipendente o meno della struttura o che svolga attività intra moenia. Si ha un completo ribaltamento delle posizioni assunte finora in giurisprudenza, con un onere della prova più gravoso per il paziente. La struttura sanitaria, invece, risponde a titolo di responsabilità contrattuale per le condotte dolose o colpose dei medici di cui si avvale “anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa”.

Viene inoltre previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione, obblighi di assicurazione per strutture sanitarie e medici, nonché l’istituzione di un fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria. Da sottolineare è la possibilità (art. 11) di azione diretta del danneggiato nei confronti delle compagnie di assicurazione della struttura e del medico, le quali, a loro volta, hanno “diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe[ro] avuto contrattualmente diritto di rifiutare o di ridurre la propria prestazione”. Altrettanto importanti le previsioni di limiti all’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico: questa può essere esercitata solo nei casi di dolo o colpa grave e non può superare il triplo della retribuzione lorda annua. A fronte di un quadro che sembrerebbe di maggiori garanzie per i medici – soprattutto a fronte di un contenzioso talvolta esasperato – emerge comunque un’importante sanzione nel caso di operatori nel servizio pubblico i quali, in caso di azione vittoriosa di rivalsa da parte della struttura, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza non possono essere preposti ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti né possono partecipare a pubblici concorsi per accedervi.

Vedremo con quali modifiche e tempistiche questo disegno di Legge sarà approvato in via definitiva. Certamente torneremo sulla questione, dato che il dibattito giuridico su queste novità è solo all’inizio.