Il tasso d’interesse in caso di domanda giudiziale

Una recente pronuncia del Tribunale di Firenze (Sezione III Civile, in data 31.01.2017) ha puntato i riflettori su di una disposizione del Codice civile in materia d’interessi riformata nel 2014, nella cui applicazione non si erano riscontrate, finora, prese di posizione esplicite da parte della giurisprudenza. Ci si riferisce all’art. 1284 Cod. civ., in particolare ai commi quarto e quinto: “Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.”.

Si tratta di disposizioni inserite dal D.L. n. 132/2014 (convertito con modificazioni nella L. n. 162/2014) in un articolo del Codice che si preoccupa di disciplinare il tasso degli interessi legali (ed è infatti rubricato “Saggio degli interessi”), le quali si rivelano decisive in presenza di controversie che hanno ad oggetto il pagamento di somme di denaro. Cerchiamo di ricostruire la disciplina e di capire l’importanza della pronuncia del Tribunale di Firenze.

I diversi tipi di interessi

Quella agli interessi è un’obbligazione pecuniaria accessoria ad un’obbligazione principale a sua volta pecuniaria (in diritto per obbligazione pecuniaria s’intende quella in cui il debitore deve dare al creditore una somma di denaro). Gli interessi possono essere previsti dalla legge (dunque legali) o dalle parti (convenzionali) e si determinano sulla base di un tasso (o saggio), che può essere a sua volta previsto dalla legge o dall’accordo delle parti (pur nel rispetto delle soglie oltre le quali si parla di usura), applicato ad un capitale in relazione ad un periodo di tempo.

Tra le tipologie si annoverano gli interessi corrispettivi (dovuti per il godimento che il debitore ha del denaro del creditore, come nel mutuo), compensativi (dovuti per il mancato ottenimento da parte del creditore di una prestazione dovuta) e moratori (dovuti per il ritardo che il debitore fa del pagamento dovuto al debitore).

La riforma del 2014, andando ad incidere sull’art. 1284 Cod. civ., si occupa del tasso legale, dunque applicabile a qualsiasi tipologia di interesse nel caso in cui le parti non abbiano disposto diversamente.

Gli interessi di mora nelle transazioni commerciali e la riforma del 2014

Chiunque eserciti un’attività d’impresa è consapevole del fatto che ormai da quindici anni (dall’introduzione del D.Lgs. n. 231/2002) sulle somme di denaro sono dovuti gli interessi di mora (dunque per il ritardo nel pagamento) indipendentemente da formali richieste (c.d. messa in mora) al debitore. La novità del provvedimento appena citato, infatti, consiste nel prevedere che per le transazioni commerciali (tra imprese o tra imprese e pubblica amministrazione) gli interessi di mora decorrono automaticamente dal giorno successivo a quello previsto per la scadenza del pagamento (cfr. art. 4, che prevede anche criteri di decorrenza nel caso in cui un termine per il pagamento non fosse stato previsto dalle parti). L’art. 5 prevede poi che il tasso degli interessi di mora sia aggiornato con decreto ministeriale ogni sei mesi, ma sia comunque di sette punti percentuali superiore al “saggio d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione”.

Non occorre essere abili matematici per comprendere che il tasso legale degli interessi di mora nelle transazioni commerciali è ben più elevato del tasso d’interesse legale applicabile in via generale alle obbligazioni pecuniarie ai sensi dell’art. 1284 Cod. civ. Una maggiorazione di sette punti percentuali rispetto ad un tasso base produce un saggio elevato, anche considerando che il tasso d’interesse legale previsto per il 2017 dall’art. 1284, primo comma, Cod. civ., così come integrato dal decreto ministeriale annuale, è (solo) dello 0,1 %.

Da queste brevi note è già possibile comprendere il deciso cambiamento portato dal D.L. n. 132/2014 nell’introdurre gli ultimi due commi all’art. 1284 Cod. civ. Una disciplina particolarmente favorevole all’imprenditore, che prevede un tasso d’interesse elevato ed una decorrenza automatica degli interessi di mora – per impedire che continui ritardi nei pagamenti vadano a suo discapito – è stata estesa a qualsiasi rapporto abbia ad oggetto una somma di denaro. Unico requisito per la sua applicazione è che sia stata proposta domanda giudiziale (o di arbitrato). La ragione alla base di questa riforma sembra essere quella di volere che la durata dei processi non vada a discapito del creditore, nonché di rendere sconveniente ai debitori resistenze infondate in giudizio, poiché il tempo che pensano di guadagnare si ripresenterà alla fine del processo, sotto forma di una somma dovuta per interessi di molto superiore a quella che si sarebbe avuta con la semplice applicazione del tasso legale.

La sentenza del Tribunale di Firenze

A tal proposito, la sentenza del Tribunale di Firenze citata in apertura non afferma niente di rivoluzionario in materia; tuttavia, essa è interessante perché affronta per prima l’applicazione della normativa del 2014, non rinvenendosi precedenti in giurisprudenza. In particolare, il Giudice ha stabilito che sia sufficiente, al momento della domanda, richiedere genericamente gli interessi legali su di una somma di denaro per poter consentire l’applicazione d’ufficio, in sentenza, del tasso di interesse maggiorato di cui al quarto comma dell’art. 1284 Cod. civ. In altre parole, anche se chi agisce non ha espressamente chiesto gli interessi ai sensi dell’art. 1284 Cod. civ., ma solo gli interessi al tasso legale, potrà vedersi riconosciuti quelli della riforma del 2014, purché la causa sia iniziata dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 132/2014 (dunque dopo l’11.12.2014).

Il tasso previsto per gli interessi moratori dalla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è, del resto, un tasso d’interesse legale a tutti gli effetti. Il giudice, quindi, che lo applichi d’ufficio su richiesta generica del creditore non incorre nel vizio di ultra-petizione, non facendo altro che qualificare giuridicamente (e correttamente) la domanda.

Dal 2014, dunque, chiunque debba delle somme di denaro troverà poco conveniente resistere in maniera infondata in giudizio: il conto che gli si presenterà alla fine sarà salato.

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