Si va diffondendo anche in Italia, nell’ambito dei giudizi di separazione e di divorzio, la prassi di richiedere alle parti, sino dall’udienza presidenziale, informazioni relative alla consistenza complessiva del patrimonio mobiliare ed immobiliare dei coniugi, non limitandosi quindi alla sola produzione delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni.
Si è avvertita dunque l’esigenza di ampliare l’elenco delle informazioni richieste alle parti con riferimento alla consistenza dei loro patrimoni, richiedendo la produzione di documentazione relativa ai conti correnti, agli investimenti mobiliari, alle partecipazioni societarie, ai mutui e finanziamenti, alla proprietà di beni immobili e beni mobili registrati (visure catastali e visure al PRA) ecc., introducendo quindi anche in Italia un obbligo di disclosure (trasparenza) che permette di acquisire al giudizio, senza alcun costo, elementi utili ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli e per il coniuge. Elementi che altrimenti sarebbe assai difficile per la parte debole ottenere, almeno nel contesto dell’udienza presidenziale, e che costituiscono la base per eventuali ulteriori indagini.
L’obbligo di disclosure incide anche sulla durata dei procedimenti e sulla possibilità di giungere in tempi più rapidi ad una definizione consensuale della separazione e del divorzio.
Alcuni Tribunali Italiani si stanno così adeguando ad un modello culturale europeo adottato da tempo, ispirato all’assoluta trasparenza nelle relazioni familiari anche al momento della crisi del matrimonio, imponendo ai coniugi di compilare un inventario delle loro complessive capacità economiche e reddituali.