I fondi di ristoro per le crisi bancarie: attualità e prospettive

È ormai al centro del dibattito politico delle ultime settimane la volontà del Governo di offrire un aiuto concreto ai tanti risparmiatori rimasti vittime delle crisi bancarie, da quella di Banca Etruria a quella delle banche popolari venete, di cui abbiamo dato conto anche sul nostro sito internet.

Il ristoro dovrà passare attraverso la creazione (o il potenziamento) di appositi fondi costituiti con denaro pubblico o derivante dal sistema interbancario. Un’erogazione di denaro appartenente alla collettività, che si ritiene da più parti giustificata dal fatto che le vittime dei crack bancari non sono investitori esperti, ma piccoli risparmiatori cui sono stati venduti titoli in violazione della normativa in materia di prestazione dei servizi d’investimento. Si tratta, in altre parole, di soggetti che hanno subito un danno ingiusto e che si trovano nell’impossibilità di vederselo risarcito altrimenti.

Vediamo allora quali sono i fondi attualmente esistenti, a cui i risparmiatori possono (a certe condizioni) già rivolgersi, e cosa prevede il disegno di Legge di bilancio in discussione in questi giorni in Parlamento.

Il fondo di solidarietà per le crisi di Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti.

Istituito con la Legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) in seguito al c.d. Decreto salva banche (D.L. n. 183/2015), ulteriormente modificato dal D.L. n. 59/2016, ha la funzione di rimborsare gli investitori (persone fisiche o piccoli imprenditori) che detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche poste in risoluzione. Tali strumenti dovevano essere stati acquistati direttamente dalla banca emittente prima del 12.06.2014 e ancora detenuti al momento della risoluzione.

La tutela offerta dal legislatore è dunque relativa solo alle obbligazioni subordinate, non alle azioni o ad altri titoli negoziati dalle quattro banche.

Il fondo, gestito a sua volta dal fondo interbancario di tutela dei depositi, consente di erogare un indennizzo pari all’80% del prezzo di acquisto pagato per gli strumenti finanziari “azzerati” a causa della risoluzione delle quattro banche, al netto di oneri, spese e del differenziale positivo tra rendimento degli strumenti finanziari subordinati e rendimento di mercato (individuato con appositi parametri previsti dalla legge).

Può accedere al fondo chi abbia determinati requisiti reddituali e patrimoniali: un reddito complessivo a fini Irpef inferiore ad € 35.000,00 ed un patrimonio mobiliare inferiore ad € 100.000,00. Il rispetto di tutti i criteri previsti rende il rimborso automatico.

L’accesso al fondo si pone come alternativa alla procedura arbitrale prevista dalla Legge di stabilità 2016 e di competenza dell’Autorità nazionale anti-corruzione. Con questa procedura, il risparmiatore potrà dimostrare di aver acquistato gli strumenti finanziari delle quattro banche in violazione della normativa di trasparenza prevista in materia di sottoscrizione e collocazione di titoli subordinati, potendo, in caso di vittoria, ottenere il risarcimento integrale.

L’arbitrato all’ANAC è entrato in funzione nella primavera del 2017; con il D.L. n. 99/2017, che ha posto in liquidazione coatta amministrativa le c.d. banche venete, questo strumento di tutela, assieme alla possibilità di accesso al fondo, è stato esteso anche ai possessori di strumenti finanziari subordinati di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza.

Il fondo di ristoro finanziario per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

La Legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017) ha poi introdotto il fondo di ristoro finanziario per i risparmiatori rimasti coinvolti nelle crisi delle due banche venete e che, in base al D.L. n. 99/2017 potevano ottenere un indennizzo solo per le obbligazioni subordinate.

Questo fondo ha conosciuto un’importante modifica da parte del recente Decreto c.d. milleproroghe (D.L. n. 91/2018) che, oltre ad implementarne la dotazione economica, ha esteso il suo ambito di applicazione, fino a ricomprendere la possibilità di accesso anche agli azionisti delle due banche.

Per poter ottenere un rimborso da parte del fondo di ristoro, è necessario che sia accertato un danno ingiusto, derivato ai risparmiatori dalla violazione delle regole di diligenza, trasparenza e correttezza in materia di prestazione di servizi d’investimento. L’accertamento potrà quindi essere contenuto in sentenze di Tribunale, in decisioni dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) presso la Consob o in decisioni della Camera arbitrale dell’ANAC. Si tratta di decisioni già emanate, o – per quanto riguarda l’ACF – in corso di emanazione, per cui non è previsto rimborso per quegli investitori che ancora non avessero presentato domanda all’Autorità giudiziaria o ad uno degli arbitri.

Il rimborso sarà pari al 30% del danno accertato e nei limiti di € 100.000,00, dedotte eventuali forme di risarcimento o indennizzo già percepite dai risparmiatori. Dal tenore del milleproroghe si ricava che la richiesta di rimborso non comporta rinuncia ai propri diritti, né ad ulteriori azioni. Ciò significa che i risparmiatori, richiedendo la percentuale prevista, non rinunciano alle ulteriori somme loro dovute. Si tratta di un punto importante, dato il formarsi in questi mesi di giurisprudenza sulla vicenda delle banche venete che potrebbe aprire spiragli per agire nei confronti di Banca Intesa, che ha acquistato le aziende delle banche in liquidazione.

In attesa dei decreti attuativi, al momento è già possibile richiedere il rimborso all’ACF della Consob, nel caso in cui il risparmiatore disponga di una decisione a lui favorevole. Purtroppo al momento non è possibile dare certezze sulle tempistiche dei rimborsi, anche se qualcosa si sta muovendo proprio con la Legge di bilancio in esame alla Camera.

La Legge di bilancio in discussione in Parlamento.

Per tentare di chiudere una pagina drammatica per molte famiglie, che hanno visto sfumare i propri risparmi a causa di condotte spregiudicate degli istituti di credito e dei loro funzionari, il Governo ha intenzione innanzitutto di potenziare la dotazione economica del fondo di ristoro finanziario, portandola ad 1,5 miliardi di Euro nei prossimi tre anni (si parla di un’erogazione di € 525 milioni all’anno) e consentendo l’accesso a tutte le vittime delle crisi bancarie.

Al fondo sembra che potranno fare accesso non solo i risparmiatori che già hanno ottenuto una sentenza favorevole dal Tribunale o dall’Arbitro bancario finanziario, ma anche chi non ha intrapreso tale percorso. Presso la Consob, infatti, verranno istituiti 10 collegi arbitrali specifici per conoscere i nuovi ricorsi dei risparmiatori, con una procedura semplice e veloce, che consentirà all’Arbitro di pronunciarsi sulla base dei documenti prodotti, senza neppure instaurare il contraddittorio con le banche.

Anche in questo caso, se sarà riconosciuto un danno ingiusto da violazione delle regole in capo agli intermediari finanziari, il risparmiatore otterrà subito il 30% dell’importo liquidato, nei limiti di € 100.000,00. Tuttavia non è escluso che tale percentuale possa poi essere incrementata, alla luce della dotazione finanziaria del fondo e delle effettive domande di ristoro che saranno inoltrate.

Oggetto di discussione in queste settimane è se l’accettazione di questa cifra possa costituire o meno una rinuncia totale al risarcimento complessivo accertato, e se con il ricorso all’Arbitro il risparmiatore debba o meno rinunciare a ogni possibile causa contro le banche. Ciò che appare, però, dal disegno di Legge è la possibilità di ricorrere all’arbitrato anche per i risparmiatori che nel frattempo avevano accettato la proposta transattiva, formulata dalle banche venete prima della loro messa in liquidazione.

Siamo quindi in presenza di un quadro normativo che genera qualche speranza nei piccoli investitori, alla luce anche di una giurisprudenza che – per quanto riguarda le banche venete – alterna decisioni che coinvolgono nei risarcimenti Intesa Sanpaolo ad altre che chiudono definitivamente quella porta, lasciando aperta solo la strada dell’insinuazione al passivo della liquidazione coatta amministrativa.

Si tratta di scenari di cui abbiamo già dato conto nei mesi scorsi e che continueremo a monitorare nelle prossime settimane, all’esito dell’approvazione della manovra di bilancio.

 

I primi tentativi di disclosure nelle cause di separazione e divorzio

Si va diffondendo anche in Italia, nell’ambito dei giudizi di separazione e di divorzio, la prassi di richiedere alle parti, sino dall’udienza presidenziale, informazioni relative alla consistenza complessiva del patrimonio mobiliare ed immobiliare dei coniugi, non limitandosi quindi alla sola produzione delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni.

Si è avvertita dunque l’esigenza di ampliare l’elenco delle informazioni richieste alle parti con riferimento alla consistenza dei loro patrimoni, richiedendo la produzione di documentazione relativa ai conti correnti, agli investimenti mobiliari, alle partecipazioni societarie, ai mutui e finanziamenti, alla proprietà di beni immobili e beni mobili registrati (visure catastali e visure al PRA) ecc., introducendo quindi anche in Italia un obbligo di disclosure (trasparenza) che permette di acquisire al giudizio, senza alcun costo, elementi utili ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli e per il coniuge. Elementi che altrimenti sarebbe assai difficile per la parte debole ottenere, almeno nel contesto dell’udienza presidenziale, e che costituiscono la base per eventuali ulteriori indagini.

L’obbligo di disclosure incide anche sulla durata dei procedimenti e sulla possibilità di giungere in tempi più rapidi ad una definizione consensuale della separazione e del divorzio.

Alcuni Tribunali Italiani si stanno così adeguando ad un modello culturale europeo adottato da tempo, ispirato all’assoluta trasparenza nelle relazioni familiari anche al momento della crisi del matrimonio, imponendo ai coniugi di compilare un inventario delle loro complessive capacità economiche e reddituali.